Il primo utente non si scorda mai

Ci sono degli eventi inaspettati nella vita che fanno da spartiacque, che generano un “prima” e un “dopo”: una emorragia cerebrale è fra questi. E questo purtroppo è capitato alla mia prima utente, una donna di 54 anni che, all’improvviso, si è svegliata senza poter più muovere la parte sinistra del corpo, e in stato di forte agitazione psicomotoria.
Fin dai primi momenti in cui ho approcciato alla Musicoterapia ho realizzato come sia fondamentale, quando prendi in carico un utente, avere come finalità principale il suo benessere, qualsiasi sia la sua condizione: la Persona, nella sua unicità, è la cosa più importante.
Con questo obiettivo fermo davanti a me, ho affrontato il mio primo percorso da musicoterapeuta con Maria (nome di fantasia), una donna che aveva appena vissuto un evento della vita che l’avrebbe cambiata per sempre.
Quando ho incontrato per la prima volta Maria il suo stato di agitazione psicomotoria era molto evidente, non era orientata nel tempo e nello spazio, portava un sondino nasogatrico, rispondeva agli stimoli ambientali (motivo per cui lo staff medico ha indicato la Musicoterapia come intervento riabilitativo), comprendeva semplici indicazioni, ed era in grado di parlare. Maria comunicava verbalmente il suo disagio, con continue richieste di aiuto e sollievo.
Lo ammetto: non è stato facile all’inizio. Per le prime due sedute ho osservato la mia insegnante, musicoterapeuta di grandissima esperienza, sottoporre delicatamente Maria a stimoli sonori e vocali, con l’intento di osservarne le reazioni e i comportamenti, ed è stato subito evidente come Maria reagiva in maniera positiva allo stimolo vocale, soprattutto quando la musicoterapeuta cantava per lei.
Su questo elemento ho basato la progettazione dell’intervento musicoterapico per Maria, il cui obiettivo principale era quello del rilassamento e contenimento dell’agitazione psicomotoria (comune conseguenza per le persone che sopravvivono a una emorragia cerebrale).
Se dovessi raccontate tutto ciò che è accaduto in quelle sei sedute, tutti i singoli momenti, e i lievi e costanti miglioramenti di Maria in quelle sei settimane, potrei scrivere pagine e pagine di sensazioni ed emozioni, per le quali forse non ci sono neanche le parole: credo che solo la musica potrebbe riuscire a descriverle. Ma, per non lasciare la storia in sospeso, riporto che Maria ha progressivamente accolto il mio canto per lei, restando sempre più tempo all’interno del setting (dai 10 minuti del primo incontro ai 20 minuti dell’ultimo), e sempre con meno agitazione, fino ad addormentarsi e a far riposare il suo corpo, che, durante la veglia, era sempre letteralmente scosso dalla continua motilità involontaria degli arti non plegici. Attraverso il canto di una canzone che Maria stessa aveva richiesto, e certi “piccoli gesti di cura”, come sistemarle la felpa che cadeva spesso a causa della continua motilità, o il sistemarle il tubo del sondino, ho costruito quella relazione musicoterapica che ha portato a Maria un po’ di benessere rispetto alla sua condizione.
Chiudo questa breve storia cantando, per chi legge, la stessa canzone che cantavo per Maria.
Emanuela Giuliani
Questa canzone, molto bella fra l’altro, e di cui non ricordo il titolo, sembra, in questo caso. una nenia cantata da una mamma ad un figlio !!!
Paola Prinzivalli
Ciao Emanuela e grazie per il tuo commento. 🙂
Il titolo della canzone è “Quanto t’ho amato”, è una canzone di Nicola Piovani cantata da Roberto Benigni, e in questo frangente aveva molto della ninna nanna, sì. 🙂