Musicoterapia e spiritualità
La definizione di Musicoterapia della Federazione Mondiale cita come finalità principale quella di raggiungere il benessere fisico, sociale, comunicativo, emotivo, intellettuale e spirituale delle persone e delle comunità per cui si progetta un intervento musicoterapico.
Quello spirituale può essere un elemento particolare da prendere in considerazione: la spiritualità è una sfera molto intima e soggettiva, e molto dipende anche dalla cultura e dal vissuto di provenienza di ogni utente.
La Musicoterapia pone al centro del suo intervento la Persona, accogliendola per ciò che è, e cercando di aiutarla a esprimere se stessa, senza giudizio alcuno, e il musicoterapeuta deve riuscire a tenere separate le proprie convinzioni dal proprio lavoro, per quanto riesce, e coltivare un profondo rispetto per gli altri, utenti e colleghi e professionisti.
Questa premessa, forse un po’ “pedante”, vuole introdurre la storia di M., un uomo di 59 anni, schizofrenico, con un grave ritardo intellettivo. M. frequenta assiduamente da molti anni un centro diurno presso il quale ho realizzato, insieme a una cara collega, diversi progetti di Musicoterapia di gruppo.
Fin dall’inizio ci siamo rese conto che sarebbe stato molto difficile inserire M. all’interno di un gruppo: le sue caratteristiche erano di scarsa attenzione, vagabondaggio, scarsa adesione alle attività laboratoriali proposte dal centro, e una tendenza a essere oppositivo alle richieste dirette. Dai dati anamnestici e musicoterapici raccolti su M. si notano due elementi importanti: “richiede attenzione con atteggiamenti di vicinanza” e gradisce molto i canti e le musiche religiose.
Decidiamo quindi di provare a inserirlo in un piccolissimo gruppo, dove, oltre a noi come musicoterapeute, era presente un operatore del centro e un’altra utente. Fin da subito ci rendiamo conto che è molto difficile tenere M. nel setting, il quale non è interessato agli strumenti, né alle altre persone del gruppo, e resta nella stanza solo per pochissimi minuti.
Dopo le prime sedute di osservazione, scegliamo di introdurre il canto, accompagnato dalla chitarra, di “Fratello Sole, sorella Luna” (comunemente conosciuta come “Dolce sentire”). Questa precisa scelta è stata sì dettata da quanto riportato sulle musiche preferite di M., ma è stata anche una scelta che in qualche modo coinvolgeva le Identità Sonore mia e della collega, elemento altrettanto importante per poter raggiungere M. al livello emotivo-affettivo.
La scelta funziona e M. partecipa alla canzone battendo le mani, cantando alcuni versi, e a volte cercando la vicinanza fisica, poggiando una mano sulla mia che gli sto seduta accanto. La sua permanenza nel setting passa da 5 a 20 minuti, ma solo se io e la collega non facciamo modifiche alla canzone: quando proviamo a variare, cercando di coinvolgerlo in una attività più improvvisativa, lui si congeda ed esce dal setting. Ma anche in questo c’è un piccolo risultato, perché M., nella sua dolcezza e nella sua grazia, chiede il permesso di uscire.
Un altro risultato che abbiamo ottenuto è stata una sua richiesta specifica di cantare un altro brano, sempre di matrice spirituale, che noi abbiamo studiato e cantato per e con lui.
L’incontro con M. è stata una bella esperienza, ricca umanamente e molto formativa: la spiritualità di ognuno di noi può facilitare la condivisione e la comunicazione, anche con chi ha difficoltà di interazione e sembra “chiuso nel suo mondo”.